Quasi sempre si associa lo yoga alla flessibilità.
In realtà, chi pratica lo sa, che non riguarda la flessibilità, ma la stabilità.
La forza e la concentrazione che si costruiscono ogni giorno sul tappetino, sono quella determinazione e quella lucidità che ci ritroviamo nella vita.
Più è costante la nostra pratica, più impariamo ad essere stabili nella vita.
Come una montagna. Mentre la luce del giorno si alterna a quella della notte, mentre le stagioni cambiano, il clima cambia, la pioggia bagna la terra, il sole l’asciuga. La montagna rimane li. Si adatta ai cambiamenti, muta il suo aspetto, ma non cambia la sua consistenza.
Attraverso la pratica ritroviamo quella parte forte, e solida che è dentro di noi, imparando ad adattarci ai cambiamenti della vita, rinforzando la nostra essenza.
“Quando scegliamo di stare con la pratica a dispetto degli inevitabili alti e bassi della vita, stiamo scegliendo consapevolmente di concentrare la nostra consapevolezza su quella parte di noi stessi che rimane immutata. A ogni sessione di pratica ci immedesimiamo sempre di più in quella parte solida di noi stessi che rimane immutata. Quando ci sentiamo tristi, pratichiamo lo stesso. Quando ci sentiamo felici o eccitati, pratichiamo lo stesso. Quando siamo immersi nel lutto di una perdita, pratichiamo lo stesso. Quando abbiamo mille cose da fare, pratichiamo lo stesso.
Non pratichiamo per liberarci da quei sentimenti, ne per sopprimerli; no lo facciamo mossi dalla stoica negazione di ciò che è. Quando pratichiamo “col bello e col cattivo tempo” in tempi felici e in tempi infelici, è come se dicessimo: “la tristezza si muove dentro di me, ma la tristezza non è me; l’eccitazione si muove dentro di me, ma l’eccitazione non è me, il dolore profondo si muove dentro di me, ma io non sono il dolore.”
Quando pratichiamo comunque facciamo spazio alla piena esperienza di ogni sentimento; allo stesso tempo, non permettiamo a quei sentimenti di paralizzare la nostra identità, né di solidificarsi in essa.”
Donna Farhi